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lunedì 9 aprile 2018

Slow Nerve - S/t

#PER CHI AMA: Alternative Rock
La Karma Cospirancy Records è una realtà giovane ma molto attiva, sgomita per farsi strada nella scena e lo fa con proposte originali e ricercate come gli Slow Nerve, una formazione beneventina snella ed essenziale, che propone un mix di showgaze, rock e alcuni sprazzi di free jazz tra ritmiche incalzanti e incastrate, ardite linee vocali sintetizzatori e chitarre a tratti aggressive a tratti decisamente atmosferiche. Il risultato è qualcosa di onirico, una musica da dormiveglia dove il sogno ha appena iniziato a generare le sue assurde immagini, o quel momento in cui appena svegli ci si ricorda di tutte le cose della propria vita, ancora non totalmente consapevoli di cosa sia veramente reale. Il debutto degli Slow Nerve apre con "Liquid Glass" dove la voce di Flaminia si libera come il volo di un gabbiano su un tappeto dalla ritmica sbilenca e sugli accordi di synth che come nuvole su un cielo uggioso d’inverno, coprono lo spettro sonoro, generando lunghe scie bianche. L’attitudine è aulica e leggera, pur sempre mantenendo una certa classe nella scelte armoniche e di arrangiamento, le band che mi vengono in mente sono i Blonde Readhead e i Flaming Lips, a tratti anche i Muse. Gli Slow Nerve riescono comunque a distinguersi con una propria originale interpretazione del genere, qualcosa che in Italia non si vede spesso e che lascia ben sperare per il nostro underground. Si passa poi ad "Asia" uno dei pezzi più significativi del disco, forse quello che maggiormente esprime la carica onirica della band che ipnotizza con suoni intensamente eterei, sostenuti da una batteria che insiste nell’inciampare e continuamente rialzarsi creando un effetto allo stesso tempo statico ma lanciato in una corsa forsennata sospesa a mezz’aria e senza meta, come quando si sogna di volare o quella sensazione di cadere all’infinito, per poi accorgersi di essere stesi immobili sul letto. Il mio pezzo preferito però è senza dubbio "Libellula", potrei ascoltarla per ore, oltre a racchiudere tutte le caratteristiche del sound degli Slow Nerve, è anche l'unico pezzo dove vediamo utilizzato l’italiano: “perché il raziocinio è soltanto raziocinio e soddisfa soltanto la capacità raziocinativa dell’uomo” il messaggio espresso non mi è estraneo anzi lo sento comune a molti, è un’arringa accorata sulla cecità in cui quotidianamente viviamo, intrattenuti dalle nostre piccole contingenze ci dimentichiamo sempre di non essere solo oggetti da profitto, cavie da laboratorio del mondo dell’agire gerarchico e organizzato. “La natura agisce tutta insieme” dice Falminia, la natura non si cura delle nostre credenze, dei nostri stereotipi e costrutti mentali, la natura distrugge e crea, culla e punisce, la natura pervade ogni cosa dell’esistenza e noi non ne siamo parte, noi siamo la natura in prima persona. Una menzione infine, va fatta anche a "Dive Splendida" chiusura in stile Explosions in the Sky in vena di suonare riff alla At the Drive In, ove il basso si rende protagonista e trasporta la musica verso uno scenario psichedelico e svuotato, un limbo sonoro dove il sogno ha lo spazio necessario per allargarsi fino al suo limite massimo solo per poi risolversi simmetricamente nel violento turbinio metrico inziale. Slow Nerve è un progetto in divenire che sicuramente ha molto ancora da dire, attendo impaziente il prossimo lavoro sperando che i ragazzi non escludano un utilizzo più esteso dell’italiano che personalmente mi ha davvero colpito e che renderebbe il progetto ancor più unico. (Matteo Baldi)

(Karma Conspiracy Records - 2017)
Voto: 75

https://slownerve.bandcamp.com/releases

Misbegotten - Keeping Promises

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Thrashcore
Era il 2007 quando è uscita la quinta release degli austriaci Misbegotten e sinceramente era la prima volta che li sentivo nominare, segno che proprio dei fenomeni non fossero, e lo split-up dopo questo 'Keeping Promises' lo testimonia. La proposta del quintetto, in giro addirittura dal 1993 e che ha supportato band del calibro di Obituary, Pro Pain e Grip Inc., è decisamente noiosa e abulica. Non inventano nulla di nuovo con queste dieci tracce, i nostri sanno solo spararci in pieno volto, un mix di thrashcore sorretto dalle tipiche sporche chitarre hardcore e altre (e forse qui sta l'unico vero elemento interessante) che talvolta richiamano riffs di scuola Iron Maiden (nella opener è ben più palese questa influenza). Le rozze vocals di Andreas Forster, la ritmica selvaggia, i soliti breaks e qualche discreto assolo o bridge, rendono 'Keeping Promises' il tipico album che nulla ha da chiedere, se non un rapido ascolto, solo da chi mastica quotidianamente questo genere di musica. Gli altri, per carità, si tengano alla larga. (Francesco Scarci)

(Noisehead Records - 2007)
Voto: 55

https://www.facebook.com/MISBEGOTTEN-191361580872/

Campos - Viva

#PER CHI AMA: Electro Folk, Black Heart Procession
Chitarra acustica riverberante, sporcata da un'elettronica crepitante e sabbiosa ("Am I a Man", "Cargo Cult"), persino prossima a una specie di trip-hop decostruito ("Uneven Steps"), o subliminalmente tribale ("How My Son"). Rileverete fin dai primi accordi quella profondità di suono affascinante e scura, repentina e spaventevole come il freddo che sopraggiunge nel deserto. C'è molto dei primi Calexico, quelli di 'The Black Light', per esempio, ma anche Tim Buckley ("You Keep Thinking"). Nel prosieguo la vegetazione musicale si dirada ulteriormente. Nel deserto rimangono un filo vitale di chitarra, una voce disidratata e miraggi sonori elettronici ("Space", "Storm"). Il vostro viaggio lisergico nel deserto sta prendendo una brutta piega ("Far Away"). Sentite la vita sfuggire in un afflato, quando finalmente il sole sorge nuovamente. Quel sole mattiniero e sonno-folkeggiante che filtrava dalla tapparella di Beck in "Morning Phase" ("Freezing", "Straight Ahead"). Siete salvi. Vi è andata bene, stavolta. Ma ricordate: mai assecondare i seducenti consigli del Re Lucertola. (Alberto Calorosi)

(Aloch Dischi - 2017)
Voto: 75

https://alochdischi.bandcamp.com/album/viva

domenica 8 aprile 2018

Deadly Carnage - Through the Void, Above The Suns

#PER CHI AMA: Post Metal/Blackgaze, Novembre, Alcest, Shining, Neurosis
Seguo con interesse l'evoluzione musicale dei romagnoli Deadly Carnage sin dagli esordi; lo dimostra il fatto che su queste stesse pagine ho recensito quattro dei loro ultimi cinque lavori e non ho che potuto apprezzarne e sottolinearne la loro progressione sonora. 'Through the Void, Above The Suns' era un lavoro che aspettavo con grande curiosità per tastare il polso della band di Rimini dopo l'ottima performance di 'Manthe' e la virata verso sonorità di "alcestiana" memoria dell'EP 'Chasm'. Ebbene, il nuovo disco, un concept votato a tematiche cosmiche, combina di tutto un po', dagli ultimi ammiccamenti alla band francese a forti reminiscenze che ci conducono addirittura ai britannici The Blood Divine, li ricordate, la band nata per mano di Darren White, dopo la fuoriuscita dagli Anathema? Perché dico questo? Perché il nuovo vocalist dei nostri, Alexios Ciancio, prima solo chitarra e synth nella band e che ora ha assunto anche il ruolo di cantante, ha uno stile che si avvicina appunto a quello del bravo Darren, cosi sofferente e disperato nelle sue linee vocali. È palese già da "Matter", ancor di più con la splendida ed inquieta "Hyle", due brani che mostrano nuove influenze per i nostri che provengono sia dal post/sludge metal (per la prima traccia) che dal death doom albionico (nella seconda). Un pezzo strumentale, "Cosmi", ci conduce a "Lumis", una song che sembra riprendere quel retaggio del passato dedito al depressive black e coniugarlo con la nuova dimensione sonora dei nostri, in un nuovo folgorante ibrido tra Shining e The Blood Divine (chissà poi se la band è d'accordo con la mia disamina), lanciato in un potentissimo assalto post black, in stile Wolves in the Throne Room a occupare la seconda parte del brano, prima che il suo umor nero venga smorzato da sonorità assai vicine ai nostrani Novembre. Tutto chiaro no? L'ascolto dell'album è un'autentica epifania di suoni e umori che rendono questo 'Through the Void, Above The Suns' un lavoro di grande spessore. Spettacolare a tal proposito quella che ho già eletta a mia traccia preferita, "Ifene": cantata in italiano, è un flusso sonico di sonorità post black emozionali con un cantato pulito ma sofferente, atmosfere decadenti e drammatiche, una sorta di versione black di 'The Silent Enigma' degli Anathema, che a metà brano virerà verso quelle splendide malinconiche melodie tanto care ai Novembre, grazie e soprattutto ad un coro carico di una spinta emozionale davvero di grande impatto, da ascoltare e riascoltare fino alla nausea, perché i brividi che ha prodotto sul mio corpo era tempo che non li provavo. Un altro indovinato intermezzo strumentale, "Fractals" e arriviamo a "Divide", dove torna prepotente l'influenza degli Alcest più violenti, almeno nella parte iniziale del brano, con il cantato eccellente di Alexios molto vicino per stile a quello di Neige, mentre la seconda metà del pezzo assume connotati decisamente più sognanti che tirano in ballo, questa volta solo a livello vocale, la band di Carmelo Orlando. Arriviamo all'ultima onirica "Entropia", un concentrato mellifluo di suoni post metal e blackgaze, un ibrido tra Neurosis e Alcest che sottolinea l'eccezionalità di un pezzo ed in generale di un album che potrebbe anche diventare una pietra miliare della scena metal italiana. A chiudere, un plauso anche per il curatissimo digipack e le splendide immagini contenute nel booklet interno. Disco riuscitissimo e stra-raccomandato! (Francesco Scarci)

(A Sad Sadness Song - 2018)
Voto: 85

giovedì 5 aprile 2018

The Night Flight Orchestra - Amber Galactic

#PER CHI AMA: Hard Rock/Glam, Rainbow
Anche stavolta i riferimenti sono nitidi e ben scanditi: l'hard-glam chiassoso dei Kiss pre-disco ("Sad State of Affairs"), i Rainbow di 'Bonnett' obbligatoriamente in apertura proprio come accadeva nei due dischi precedenti (stiamo parlando ora di "Midnight Flyer") oppure quelli subliminali di 'Rising' (nel finale di "Space Whisperer" un inchino riconducibile a "A Light in the Black"), il 101%-proof-melodic alla J-L Turner (per esempio il singolo "Gemini"), il saxy-rock dei Supertramp mid-settanta ("Just Another Night"). La conclamata similitudine di "Domino" con "Africa" è invece pretestuosa. Piuttosto, allora, con "Pamela" individuerete parecchi Toto-VII-ismi almeno anche in "Josephine". Ma si apprezzi, in ogni caso, la sfacciataggine. Alla terza uscita, il manierismo fluo/dinamico melodic-rock dei T-N-F-O fluisce straordinariamente consapevole nel suo cipiglio ortocentricamente vintage (prima ancora di sentire il disco fate caso alle copertine), eppure impeccabilmente prodotto e sempre freschissimo di idee, ciò che accade piuttosto di rado nel reviviscente, patinatissimo universo nu-melodic. Niente male per un supergruppo che si esprimeva in growling dai tempi dell'asilo. (Alberto Calorosi)

martedì 3 aprile 2018

Cucina Sonora - Evasione

#PER CHI AMA: Elettro sperimentale, Kraftwerk, Aphex Twin
A beneficio di eventuali languori auricolari, è opportuno sapere che la specialità della casa offerta dalla Cucina Sonora consta di evoluzioni a trazione pianistica architettate sull'insistente ripetizione di arpeggi oppure giri di accordi (prestate orecchio al senso di incombenza generato dal semplice mood poliritmico in apertura di "Rianimazione", destinata poi a decomporsi in un dissonante monologo pianistico, oppure alla sensazione tecno-barocca emanata, per esempio, dai bridge di "Ring"). Spetta all'elettronica il compito di stuzzicare ulteriormente gli appetiti, emanando fragranze pump-up-the-vintage (ad esempio nel singolo "Evasione"), spacey ("Stazione Lunare" naturalmente), a tratti indomitamente prossime ("Dissolution", "Ignoranza" e di nuovo "Ring") a certa elettronica danzereccia di prominenza europea (penso a J-M-Jarre, gli ultimi Kraftwerk e ai penultimi Tangerine Dream) o a certo (evitabile) dance-pampsichismo etnico novenove/zerozero alla Claude Challe individuabile nelle atmosfere dichiaratamente lounge di "Cocktail", ma anche in "Startup" e ne "La Danza delle Rane"). Bene: gradite un dessert? (Alberto Calorosi)

(Toys for Kids Records - 2017)
Voto: 70

https://www.facebook.com/cucinasonora/

Roommates - Fake

#PER CHI AMA: Post Grunge/Hard Rock
Un southern voluminoso ma ispido, senz'altro devoto studioso di storia antica (Lynyrd Skynyrd, qualcuno si ricorda ancora gli Atlanta Rhythm Section?), sì, ma analogamente prossimo al più recente nichilismo alcaloide germinato in quel di Seattle nel primo lustro dei novanta (ritroverete la disperata profondità di suono degli ultimi Alice in Chains di Staley nelle due canzoni che aprono l'EP, "Light" e "Blow Away"; quando parte "Fakin' Good Manners" non riuscirete a non canticchiarci sopra "Nothingman" dei Pearl Jam) ma anche a un certo highway-punk americano metà ottanta ("Black Man Guardian") e a cert'altro sofficissimo e confortevolissimo face-between-your-tits-rock ("Empty Love"). Osserverete che la copertina unisce (neanche troppo) curiosamente un'estetica biker-rock a un logo eminentemente death metal. Chissà poi perché! (Alberto Calorosi)

(Nadir Music - 2017)
Voto: 65

https://www.facebook.com/RoommatesRock

Job for a Cowboy - Genesis

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Brutal Death
Il debutto degli statunitensi Job for a Cowboy, 'Genesis', è stata una sonora mazzata nei denti. Era il 2007, quando la band di Glendale (Arizona) debuttò dopo l’EP d'esordio 'Doom', con un lavoro veramente cattivo. Dieci brevi tracce, per poco più di 30 minuti di musica, in cui i nostri cambiano rotta, dopo le sonorità deathcore degli esordi, purificando il loro sound in un ferale death metal tipicamente made in U.S.A. L’assalto sonoro comincia con “Bearing the Serpents Lamb” e prosegue attraverso tracce più o meno interessanti fino alla conclusiva “Coalescing Prophecy”. Abbandonata completamente l’influenza hardcore, il quintetto lancia un attacco violento, diretto e ultratecnico, palesando ad ogni modo un buon senso per la melodia (seppur estremamente limitata) unita ad una discreta dose d'imprevedibilità, in grado di conferire all’act americano una certa personalità, nonostante la giovane età. La produzione di 'Genesis', a cura del maestro Andy Sneap, è poi assai pulita e perfettamente bilanciata, fondamentale per donare all’intero lavoro quella potenza in più, a valorizzarne enormemente il risultato. La musica, mai banale o monotona, spinge che è un piacere, prodigando sfuriate death caratterizzate da una tecnica individuale di fondo superiore alla media: ascoltate la performance del batterista, oserei dire mostruosa, mentre la voce del vocalist si mantiene sempre su livelli growling simil cavernosi. Difficile identificare una band a cui il combo s’ispira, segno quindi di una maturità già raggiunta dopo un solo lustro di esistenza che preluderà alle grandi cose fatte poi nel futuro. (Francesco Scarci)

(Metal Blade Records - 2007)
Voto: 80

https://jobforacowboy.bandcamp.com/album/genesis

venerdì 30 marzo 2018

Drone - Head-on Collision

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Thrash/Groove, Pantera, Fear Factory
Se non avessi letto la biografia, mai avrei immaginato che i Drone fossero tedeschi, dato che il loro sound richiama fortemente tutto il giro americano di band dedite al nu-metal, sporcato da un thrash molto "Panteroso". Egregiamente prodotti da Andy Classen, il quartetto teutonico ha rilasciato nel 2007 questo buon debutto: potenti ritmiche thrash metal costituiscono l’intelaiatura di 'Head-on Collision', accompagnate da sofisticati arrangiamenti e dall'eccellente voce (sia in versione clean che growl) di Mutz Hempel che, fatti suoi gli insegnamenti del vocalist dei Fear Factory, dà prova di essere un cantante già dotato di carisma e personalità. Tutti i pezzi mostrano una band dalle idee ben chiare, capace sia tecnicamente che dal punto di vista compositivo. Gli 11 brani hanno un elemento comune: oltre ad essere tutti belli incazzati, hanno una componente melodica, data da degli arrangiamenti, che stemperano questa furia e con le backing vocals di Marcelo e Martin che inevitabilmente ci invogliano a cantare con loro. Non posso non sottolineare poi la prova del batterista Felix, tecnico e fantasioso, abile a dettare i tempi per tutta la band e a garantire, con i suoi muscoli, un esito finale davvero soddisfacente. Se dovessi segnalare un brano, vi suggerisco “Jericho”, vero connubio tra la scuola thrash americana ed i suoni cibernetico-industriali dei Fear Factory. Dopo questo lavoro, la band sassone ha rilasciato altri tre dischi, che forse un ascolto lo meritano eccome. (Francesco Scarci)

(Armageddon Music - 2007)
Voto: 70

https://www.facebook.com/DroneMetal

Xiu Xiu - Forget

#PER CHI AMA: Experimental Electro Pop
Al di là del consueto elettro-trionfalismo industrial-messianico ("Queen of the Losers" e quasi tutte le canzoni successive) intriso di consueti white-rumorismi anni tardonovanta più ("Hey Choco Bananas") o meno ("Jenny Gogo") grattugiosi e dal consueto piagnucoloso vocione goth-wave ottantiano (ovunque, ma fin insopportabile in "At last, at Last" e "Jenny GoGo", la canzone che qualcuno in rete ritiene fantasiosamente dedicata alla fidanzata di Forrest Gump) non sempre (più precisamente quasi mai) opportunamente analgamati; al di là di tutto questo è possibile che gli sporadici momenti di attenzione siano catalizzati dai (consueti) sentori digital-softcore della introduttiva "The Call", (inconsapevolmente?) scanzonante i Prodigy e certi decadentismi dark-glam fine-novanta, e cantata da una specie di Mark Hollis con la faccia ficcata nel barattolo della maionese in duetto con una specie di Mark Hollis con la faccia ficcata nel barattolo della senape. Oppure dalla linea di basso indubbiamente badalamentiana, evidente reminescenza del precedente tributo a Twin Peaks, che introduce la canzone più intrigante e materica del disco, soprattutto per via del testo. Nell'opinione di chi scrive, il singolo "Wondering" ha la pretestuosità elettro-pop di una outtake dei Goldfrapp, ciò che dovrebbe fornire una precisa collocazione qualitativa, in considerazione della kelviniana opinione del sottoscritto nei confronti dei Goldfrapp. Ascoltate questo album e poi fate esattamente ciò che vi suggerisce il suo titolo. (Alberto Calorosi)

(Polyvinyl - 2017)
Voto: 50

http://www.xiuxiu.org/

Styx - The Mission

#PER CHI AMA: Hard Rock
L'ultimo album in studio degli Sty(ti)x (suvvia, il precedente 'Cyclorama' era del 2003) è un temerario sci-fi concept sulla prima missione umana su Marte, prevista, nell'opinione di Superpippo Shaw, nell'anno del signore 2033 (dilettatevi a individuare nei testi sbragonerie del calibro di "Hands on the wheel of my rocket mobile / and I'm a hundred million miles from home", dalla song "Hundred Million Miles From Home"). Quattordici stazioni narrativamente ultracanoniche a formare una specie di Via Martis motorizzata. Accensione dei razzi (una Asia/ticissima "Overture" power-prog), decollo (la Uriah-propulsiva "Gone Gone Gone", indovinato primo singolo), distanza da casa (il glam clap-clap di "Hundred Million Miles From Home"), paura di non farcela ("Trouble at the Big Show"), considerazioni (la gilmouriana "Locomotive"), cartoline dallo spazio profondo (i Queen-of-the-world ipermelodici di "Radio Silence"), esistenzialismo cosmico (la ponderosissima Queen-tale "The Greater Good"), un altro po' di esistenzialismo cosmico ("Time May Bend"), atterraggio/casini-col-motore/paura ("Red Storm"), no-ovviamente-è-tutto-a-posto ("All Systems Stable"), apertura del portellone ("The Outpost"), conclusioni/ faccenda-del-piccolo-grande-passo/ pippone-saluti/ ringraziamenti (una power-melo ancora più Asia/ticissima "Mission to Mars"). Il sedicesimo album degli Styx si colloca sulla rotta astral-melodic-hard-ruffianesimo tracciata tra il 1977 e il 1981 dagli alter-ego degli Sty(ti)x, i Prolyfix (quattro album in sei anni. Decollo: 'The Grand Illusion', atterraggio: 'Paradise Theatre'), senza utilizzare una singola molecola di propellente all'idruro di nostalgismo e destreggiandosi con consumata perizia e comprovata professionalità all'interno di una vera e propria tempesta di asteroidi del ridicolo. Vi pare poco? (Alberto Calorosi)

(UMe - 2017)
Voto: 75

http://styxworld.com/band

The Pit Tips

Felix Sale

Rapture - Paroxysm of Hatred
Et Moriemur - Epigrammata
Exalter - Persecution Automated
 

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Francesco Scarci

Arkona - Khram
Ketha - 0 Hours Starlight
Rivers of Nihil - Where Owls Know my Name
 

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Alain González Artola

Profundum - Come, Holy Death
Three Eyes of the Void - The Moment of Storm
Minneriket - Anima Sola

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Five_Nails

Horn - Retrograd
Amon Amarth - Jomsviking
Drudkh - Їм часто сниться капіж (They Often See Dreams About the Spring)

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Alejandro Morgoth Valenzuela

Absu - Absu
The Antichrist Imperium - The Antichrist Imperium
Averse - The Endesque Chants
 

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Michele Montanari

Atomic Mold - Hybrid Slow Food
Hell Obelisco - Swamp Wizard Rises
Netherlands - Hope Porn

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Matteo Baldi

Dumbsaint - Another Scene
Porcupine Tree - Deadwing
Boris - Noise