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martedì 8 marzo 2022

Sound of Smoke - Tales

#PER CHI AMA: Psych/Stoner
Ancora una volta mi piange il cuore nel sentire un buon lavoro che non mette in risalto tutte le sue reali possibilità, per un missaggio svolto in maniera poco incisiva, con poco mordente e non sempre efficace. Non è mia consuetudine criticare il difficile lavoro di chi sta dietro al suono di un disco, ma stavolta rimango allibito come una bella chitarra sia stata da più parti emarginata nel contesto musicale. Al suo secondo album (il primo aveva un suono già più hard!), i Sound of Smoke, esnemble originario di Friburgo, cercano una dimensione più fumosa e cupa, sfoderando un buon stile blues dal passo pesante e compatto. Hanno le carte in regola per suonare anche un ottimo rock dalle tinte vintage, anni '70 a tutto tondo, supportati dalla preziosa e splendida voce di Isabelle Bapté (che mi ricorda Emma Ruth Rundle in una veste più soul e più allucinogena), da una massiccia sezione ritmica e, come accennato in precedenza, da una chitarra bassa di volume, che a volte sarebbe bello sentire uscire dalle casse dello stereo, mentre la sua apparizione, è sempre inspiegabilmente tenuta in sordina. La band gira bene e mostra un buon feeling tra i musicisti e tralasciando qualche rischio di plagio (vedi "Witch Boogie" verso gli ZZ Top), si nota subito che la musica dei Sound of Smoke scorre che è un piacere. Il quartetto teutonico crea dalle ceneri degli inni di settantiana memoria, cimentandosi nella ricerca di originalità e riuscendoci in brani come "Indian Summer", dal fascino di scuola The Doors, cadenza ipnotica e ritmica profonda, cembalo, polvere, deserto e una gran prova vocale. In "Dreamin'" e "Devils Voice", i nostri potrebbero gareggiare con i Lucifer o Jess and the Ancient Ones, ma le chitarre sono miti e non sempre decollano, sopra una ritmica che suona trascinante come quella dei brani più orecchiabili degli ultimi the Jesus and the Mary Chain. In questi ultimi brani, effettivamente, le chitarre si prendono un po' più di spazio ed il sound risulta già più cosmico, e nella lunga suite finale, una canzone di oltre 10 minuti, si sente il potenziale stoner che in teoria dovrebbe accompagnare l'intero disco. Presumo che il tipo di equilibrio scelto tra i volumi degli strumenti sia stato voluto per aumentare l'effetto psichedelico del disco ma a mio modesto parere, devo dire che ha funzionato solo nelle parti più soft, rimanendo carente in quelle più heavy. Il disco ha una bella grafica di copertina e i Sound of Smoke hanno delle buone idee, anche se alle volte un po' abusate, la conclusiva "Human Salvation" mi ha molto colpito e la continuo ad immaginare con un pizzico di distorsione in più per deliziare le mie orecchie desertiche. Una band che ha del potenziale, una band che se focalizzerà al meglio la propria direzione sonora, potrà togliersi parecchie soddisfazioni in ambito psichedelico e vintage rock. (Bob Stoner)

(Tonzonen Records - 2022)
Voto: 73

https://soundofsmoke.bandcamp.com/

giovedì 20 aprile 2017

The Chasing Monster - Tales

#PER CHI AMA: Post Rock, If These Trees Could Talk
Non mi capita spesso che un album colpisca la mia attenzione esclusivamente per la sua copertina: in questo caso però, essendo un appassionato di astronomia, non potevo non rimanere affascinato dalla cover dei The Chasing Monster, che vede la silhouette di due persone con uno splendido cielo stellato in background, peraltro con colori viranti ad una tonalità arancione per l'uscita digitale e verde-blu per il cd. Ma veniamo ad analizzare gli aspetti più contenutistici che puramente estetici. 'Tales' rappresenta il disco di debutto dei The Chasing Monster, quintetto di Viterbo che narra qui la storia di Emm e Oliver all'alba del loro ultimo giorno sulla Terra, attraverso sette gemme dedite ad un sognante post-rock. Chi siano i due personaggi non mi è dato di saperlo, però la passione del combo italico per sonorità criptiche e decadenti, si palesa immediatamente nell'opener "Itai", che ci consegna un suono cristallino, un must per questo genere. La song, interamente strumentale, lascia trasparire tutta la vena malinconica che imperversa nelle note dei quattro laziali con suoni dilatati e nostalgici, una sorta di colonna sonora per quando il nostro sguardo volge verso un panorama all'orizzonte ma in verità non lo sta realmente guardando, è da tutt'altra parte, raccolto con i suoi pensieri. E questo sarà il filo conduttore di un disco che cresce attimo dopo attimo, si gonfia, innescando un caleidoscopico ventaglio di emozioni. Lo si evince dalla successiva traccia, "The Porcupine Dilemma", una song che, oltre ad affidarsi a delle interlocutorie spoken words, con i suoi arpeggi va salendo d'intensità, e in modo inversamente proporzionale, la sua elettricità va dirigendosi verso un mood più disperato, provando a trascinarci in un vortice emozionale in bilico tra il depressive e il post rock (alla fine si rivelerà la mia song preferita). Solo il parlato conclusivo ci salva da una commovente esplosione di lacrime. "The Girl Who Travelled the World" affida il suo incedere alla narrazione di una voce femminile - chissà se si tratti proprio della ragazza che ha viaggiato per il mondo e chissà se quella ragazza è Emm, - a chitarre tremolanti e ad un drumming lento, a tratti tribale, in un mix tra post rock e shoegaze che, seppur in una forma molto (ma molto) più leggera, mi ha evocato addirittura sentori proveniente da 'Brave Murder Day' dei Katatonia. La narrazione, questa volta maschile, prosegue in "Albatross", un pezzo in cui il ruolo di protagonista accanto alla chitarra, è assunto da una batteria profonda che scandisce il tempo del brulicare dei nostri pensieri, ma che apre prima ad un etereo cantato e poi ad un bell'urlaccio, in grado di innescare un riffing più pesante, orientato al post-hardcore (retaggio degli esordi della band), permettendo poi al sound di aumentare il proprio vigore energetico. "La Costante" è un breve brano strumentale che vede comparire come guest star alla chitarra, Theodore Freidolph degli inglesi Acres, nell'ennesima scalata emozionale di quest'intrigante 'Tales', la cui edizione digitale ingloba peraltro i dialoghi completi tra i due protagonisti. "Creature" affida il suo flusso emotivo al basso e poi alla voce femminile, con il tremolo picking in sottofondo che va ad armonizzarsi successivamente e offrendo calde melodie avvolgenti, pregne ovviamente di quella malinconia che preannuncia l'arrivo consapevole della parola fine, la fine di un amore, di un'amicizia, di una vita, non lo so. Quel che è certo è che quella consapevolezza sembra conferire una certa serenità che con "Today, Our Last Day on Earth" va a concretizzarsi attraverso un ultimo malinconico atto, l'ultima parola, l'ultima carezza, un ultimo sorriso, "l'ultimo addio come la fine di un viaggio", esaltando definitivamente la prova di questi cinque musicisti di casa nostra, pronti a prendere il volo come l'albatro da loro narrato. Bravi, bravi davvero. (Francesco Scarci)