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lunedì 23 aprile 2018

Seether - Poison the Parish

#PER CHI AMA: Post Grunge
Poderosi riffoni presocratici, un cavernicolo e puntualissimo contrappunto di batteria, nei buchi qualche bridge di basso per conferire epos ("Stoke the Fire"), il rauco gracidare di ordinanza furbescamente alternato a passionevoli sdolcinerie eroinofile. Un ascolto coatto del settimo frondosissimo (quindici canzoni) album (non così tanto) fragorosamente abbattuto soltanto qualche mese addietro da parte dei celebri taglialegna di Pretoria, indurrà senz'altro quella medesima sensazione di pesantezza gastrica mista a sonnolenza e sporadica flatulenza solitamente generati dalla cassoeula che faceva la vostra bisnonna di Olgiate Comasco, sia conferita pace all'animaccia sua. Ascoltate questo disco a basso volume, malamente stravaccati su un divano sfondato di vellutino, mentre osservate con inaspettato interesse l'interno delle vostre palpebre. Con l'eccezione di un paio di scarsamente convinte escursioni nel buon vecchio nu-sbraitone (nel finale del singolo "Nothing Left") le canzoni vi appariranno niente male ma sostanzialmente indistinguibili, proprio come gli ingredienti della cassoueula che faceva la vostra b.d.O.C.s.c.p.a.a.s.. (Alberto Calorosi)

(Spinefarm - 2017)
Voto: 55

http://seether.com/

giovedì 24 agosto 2017

Hevein - Sound Over Matter

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Groove Thrash/Metalcore
La “Terra dei Mille Laghi”, da sempre è fucina di talenti infinita. 'Sound Over Matter' è stato il pass d’ingresso nel music business degli Hevein, act finlandese in giro dal 1992, ma che soltanto nel 2005 riuscì a sfornare il tanto sospirato album d’esordio, ma anche il solo prima dello split del 2012. C’è subito da dire che il tempo impiegato per uscire sul mercato, ha dato sicuramente i suoi effetti con un risultato abbastanza soddisfacente e di gradevole ascolto. Il sestetto scandinavo propina un sound ricco di piacevoli sfumature e sorprese. I dieci brani contenuti in 'Sound Over Matter' palesano prima di tutto un immancabile gusto per le melodie, ma anche la voglia di uscire dagli stereotipi e trasmettere tutta la loro passione per la musica... musica, che è un susseguirsi di emozioni, riffoni heavy che sfociano in territori thrash stile Bay Area, influenze derivanti dal crossover dei tedeschi Pyogenesis e da contaminazioni metalcore americane; e ancora, parti atmosferiche e l’accompagnamento di un violino, caratterizzano le ritmiche martellanti della band, con voci growl ma per lo più pulite, che si scatenano all’interno dell’album che risulta come uno spaccato di luci e ombre disseminato in un vortice di suggestive visioni autunnali. Gli Hevein sono dei bravi musicisti, capaci di spaziare dai suoni granitici tipici del thrash/metalcore a momenti più pacati e ragionati. Ascoltate “Only Human” e anche ai metallari più integerrimi si scioglierà il cuore. Come non citare poi l’ultima e immensa “Last Drop of Innocence”, dove i nostri sembrano trasformati in una nuova incarnazione dei Pink Floyd: le vibrazioni che trasmette questo brano sono veramente notevoli, con inevitabili e forti richiami anche ad 'Eternity' ed 'Alternative 4' degli Anathema. Ben prodotti da Mikko Karmila, gli Hevein si palesarono come un act dalle potenzialità enormi, peccato solo per il prematuro scioglimento. (Francesco Scarci)

(Spinefarm - 2005)
Voto: 75

http://www.hevein.com/

martedì 15 agosto 2017

The Wake - Death-a-Holic

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Swedish Death, Dark Tranquillity
Il secondo album dei finlandesi The Wake non è proprio quel che si dice un gran bel lavoro, sebbene il discreto esordio del 2003, 'Ode to My Misery', che sancì l’ingresso nella scena metal, di questo quartetto dedito ad un death doom malinconico. In due anni le cose sono però cambiate e forse a causa dell’ottimo riscontro economico e critico ricevuto dai Dark Tranquillity, il combo nordico ha pensato di aggiustare un po’ la mira e dedicarsi a tempo pieno nel clonare il colosso svedese. Il risultato che ne esce fuori, sfiora più volte il plagio, con i ragazzi provenienti dalla piccola cittadina di Karjaa a fare il verso alla band di Mikael Stanne e compagni. Dal punto di vista tecnico, la band è indubbiamente ineccepibile, però poi la somiglianza e i frequenti richiami ai ben più famosi colleghi svedesi assume connotati al limite dell'imbarazzante. Gli spunti interessanti ci sono pure, ad esempio la seconda parte di ”Downward Groove” ha un ottimo assolo che squarcia un brano che potrebbe stare tranquillamente su 'Damage Done' dei già citati Dark Tranquillity; o la successiva “Instrumental” si sforza di uscire dal torpore dei ghiacci polari, ma il risultato ahimè, non è alla fine dei migliori. Mi stupisce il fatto di dover porre l’accento su questa marcata somiglianza tra la band finlandese e i Dark Tranquillity, anche perché solitamente i gruppi provenienti dalla Finlandia nel 90% dei casi lavorano per crearsi un stile musicale proprio, dotato di una propria personalità. Non è certamente il caso dei The Wake, che rientrano in quel 10% di band che scopiazzano a destra e a manca per poter cercare di emergere dal pentolone di gruppi metal mediocri. Peccato, perché i numeri a proprio favore, la band lappone li avrebbe, eccome. Evidentemente alla band non interessava più di tanto venire a galla visto lo split di qualche tempo più avanti. (Francesco Scarci)

(Spinefarm - 2005)
Voto: 50

https://myspace.com/thewakeofficial

Naildown - World Domination

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death/Power, Children of Bodom
Se soffrite la mancanza di qualche band clone dei Children of Bodom, e vi siete persi questi Naildown, ecco un buon motivo per dare un ascolto ad un'altra band proveniente dalla Finlandia. La Spinefarm ne ha fiutato l’affare, era il 2005, pensando bene di metterli sotto contratto e far uscire questo debut di discreta fattura. Il genere proposto? Beh, niente di più semplice: il sound è, infatti, molto vicino a quello dei “Figli di Bodom”, anche se risulta maggiormente ispirato da influenze classiche e mostra un appeal molto più soft rock rispetto alle band loro conterranee, Kalmah e Norther. I Naildown suonano un fresco e melodico death-power con parecchi chorus ruffiani, metal riffs, stacchetti scontati, tastiere tipiche, momenti di rabbia e quanto altro sia in grado di offrire questo genere musicale. Emergono poi ulteriori influenze derivanti dai lavori più “Nu Metal” degli In Flames, che arricchiscono la proposta dei nostri. La produzione è ottima, cristallina, l’unico problema è che i Naildown non sembrano altro che i Children of Bodom e direi che questo è un bel limite per la band, abile nel maneggiare i propri strumenti, ma che manca ancora totalmente di personalità. Il voto positivo è un incoraggiamento a migliorarsi, anche perché il quartetto finlandese ha (o forse aveva visto che se ne sono perse le tracce nel 2007) tutte le carte in regola per fare bene. (Francesco Scarci)

lunedì 30 gennaio 2017

Kiuas - Reformation

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Power Thrash, Nevermore, Ensiferum
Vedendo le facce di questi ceffi avrei scommesso 100 € che si trattasse di una band finlandese, poi la casa discografica prima e il sound dei nostri dopo, non hanno fatto altro che confermare le mie ipotesi. Trattasi dei Kiuas, band dedita ad un power thrash, che con 'Reformation' il loro secondo album del 2006, hanno sicuramente contribuito alla gioia degli amanti del genere. Tecnica squisitamente all’altezza delle mie aspettative, gusto per la melodia tipica finlandese, composizioni orecchiabili e di facile presa: ci sono tutti gli ingredienti affinché i Kiuas potessero conquistarsi un posto di diritto nell’olimpo dei grandi di questo genere (e forse per un po' ci hanno creduto anche loro, prima dello scioglimento nel 2013). Ottime e ben strutturate le linee di chitarra; bravo il vocalist, capace di spaziare da timbriche più suadenti ad altre più urlate ed aggressive, eccellente il tastierista, sempre in primo piano a creare momenti atmosferici. Ottimi pure gli assoli, con i due axemen che si incrociano e sfidano in interessanti duelli chitarristici. C’è poco da fare, la Finlandia è da sempre fucina di talenti e i Kiuas non hanno fatto altro che confermare la regola. Da segnalare la sesta traccia, “Black Winged Goddess”, song dall’inizio furioso, dalla ritmica bella tosta e dal growl profondo del vocalist, peccato poi vada un po’ a scemare d’intensità. Interessante poi, qualche inserto dal vago sapore folk, soprattutto udibile nella title track posta a chiusura dell’album. Band davvero buona, peccato non abbia ottenuto il successo che forse meritava (Francesco Scarci)

(Spinefarm Rec - 2006)
Voto: 70

https://www.facebook.com/kiuasofficial 

mercoledì 20 luglio 2016

Blood Red Throne - Union of Flesh and Machine

#PER CHI AMA: Death Metal, Cannibal Corpse
I Blood Red Throne da sempre rappresentano sinonimo di qualità tecnica messa a servizio della brutalità. Il nuovo 'Union of Flesh and Machine', ormai ottavo album per i veterani della scena death norvegese, non si discosta più di tanto dai precedenti capitoli e prosegue imperterrito nella propria mission di proporre atterrente death/thrash metal. Undici brani trita budella che non rinunceranno però a conquistarvi con un bella dose di groove che affiorerà già dalle note di "Revocation of Humankind", song bella dritta, con riffoni ultra distorti, i consueti cambi di tempo, ma che nel suo finale, ha anche modo di partorire (udite udite) delle parti melodiche. Melodia che viene subito spazzata via dalla tempesta sonica di “Proselyte Virus”, traccia in cui a mettersi in mostra, accanto ai biechi latrati di Bolt (efficace sia in fase growl che nei più rari urletti scream), c'è soprattutto la prova imperiosa del batterista Freddy. "Patriotic Hatred", la song che ha fatto da apripista all'album è famosa, oltre che per il suo incipit in parlato, anche per il lyric video che compare su youtube (dategli un occhio), ove la traccia è stata utilizzata come soundtrack per il videogame 'Hatred'. La song poi, come d'altro canto le successive (di cui vorrei citarvi la killer "Martyrized", la mia preferita), si muovono su di un rifferama che non viaggia quasi mai ad altissime velocità (fatto salvo per le crivellate del drummer in alcuni episodi sporadici), con il quintetto di Kristiansand che continua ad offrire asfissiante death metal fatto di articolati cambi tempo, ferali vocals, acuminati e granitici riff di chitarra, qualche spruzzata di groove (nella title track ad esempio), qualche isterica galoppata ("Legacy of Greed"), qualche assolo qua e là (nella già citata "Martyrized" e in "Exposed Mutation") fino a proporre la cover dei Judas Priest, "Leather Rebel", riletta ovviamente in chiave estrema, ma che comunque lascia trasparire quelle che erano le caratteristiche originali del brano contenuto in 'Painkiller'. 'Union of Flesh and Machine' alla fine è l'ennesimo album che non deluderà di certo i fan del combo norvegese, ma che sicuramente non aprirà a nuovi iniziati, se la band non farà leva su una proposta più fresca e meno ripetitiva. (Francesco Scarci)

(Spinefarm/Candlelight - 2016)
Voto: 70

https://www.facebook.com/pages/Blood-Red-Throne-Official

giovedì 30 luglio 2015

Arise - The Beautiful New World

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Swedish Death/Thrash, At the Gates, Carnal Forge
Arise...probabilmente il miglior album (sicuramente il mio preferito) dei Sepultura, ma anche una delle band svedesi più longeve (1992), che nel 2005 tornò sul mercato con il terzo lavoro, 'The Beautiful New World', dopo le prove opache dei primi due album. A distanza di due anni dal precedente 'Kings of the Cloned Generation', ecco uscire per la Spinefarm Records questo disco, che vede proseguire il gruppo scandinavo sulle stesse coordinate stilistiche (e con gli stessi risultati non esaltanti) tracciate dai precedenti album: swedish death metal, fortemente ispirato dalla corrente death-thrash che tanto ha spopolato nei primi anni 2000 e fortemente influenzato dai maestri di sempre, gli At the Gates su tutti, ma anche i primi Entombed e Dismember, senza peraltro non notare alcuni passaggi di “carcassiana” memoria. L’album, registrato agli StudioMega di Bollebygd (Svezia) e prodotto dagli stessi Arise e da tal Mr. Silver, consta di 11 pezzi, le cui caratteristiche principali sono: suonare veloci, aggressivi e con un minimo di substrato melodico a rendere il tutto più ascoltabile. I 45 minuti di questo “Splendido Nuovo Mondo”, fluiscono anche gradevolmente, tra tempi medi a la Hypocrisy e altri brani molto più tirati (simil Carnal Forge o The Haunted), mostrandoci una certa preparazione dei chitarristi, grazie ad assoli di pregevole fattura tecnico-stilistica. Tuttavia, arrivati in fondo, si prova un senso di vuoto, non ricordandosi assolutamente nulla di ciò che si è appena ascoltato, indice di quanto possa essere anonimo il presente lavoro. Il fatto poi, di avere un sound estremamente derivativo, ravvisa, ancora una volta, la totale mancanza di personalità e originalità dell’act scandinavo. Un’altra prova incolore, che non ne giustifica affatto l’acquisto. Se poi siete degli amanti del genere e ritenete utile rimpinguare la vostra discoteca con l’ennesimo album death/thrash, fate vobis. (Francesco Scarci)

(Spinefarm Records - 2005)
Voto: 50

giovedì 1 settembre 2011

Chthonic - Takasago Army

#PER CHI AMA: Extreme Melodic Metal, Folk, Epic, Whispered, Children of Bodom
Da più parti massacrati o addirittura additati come cloni dei Cradle of Filth o Dimmu Borgir, io, come sempre, decido di andare contro corrente ed evidenziare pregi e difetti della band proveniente da Taiwan, che con questo “Takasago Army” giunge all’ammirevole traguardo del sesto album e direi che il risultato finale è davvero buono. 10 tracce che si aprono con la classica intro tastieristica, “The Island” (dove fa la sua comparsa anche il classico violino a 2 corde, l’ehru), e poi il quintetto dagli occhi a mandorla, ci apre al loro mondo musicale fatto di un impianto di musica estrema (né black, né death a mio avviso), condito da atmosfere orientali, poste su arrembanti cavalcate heavy metal, in grado di regalarci momenti di grande piacere e relax per le nostre menti, già frustrate dal rientro dalle vacanze. Lo scorso anno mi trovai a recensire nello stesso periodo i finlandesi Whispered e devo ammettere che le somiglianze tra le due band sono tangibili, con entrambi gli ensemble che cercano di miscelare sonorità tipiche delle colonne sonore dei film ambientati nella terra del “Sol Levante” (“L’Ultimo Samurai” o “L’Impero del Sole”), con un sound che ammicca palesemente a quanto proposto dai Children of Bodom, con un esito tuttavia molto più soddisfacente della ormai decadente ex-super band finnica. Anche in questo cd, le tematiche riprendono il filo conduttore dei due precedenti lavori, con la narrazione di quanto accadde durante la Seconda Guerra Mondiale, ossia dell’appoggio dei volontari dell’isola di Taiwan dato all’esercito giapponese contro la Cina. Certo, come al solito non è sempre tutto oro quel che luccica, alcuni passaggi evidentemente non brillano per originalità, o in alcuni tratti il sound della band è appiattito banalmente dalle soluzioni prevedibili che il genere obbligatoriamente impone. Quello che continua a stupire tuttavia è la forza di una band, che pur vivendo agli estremi confini dal mondo occidentale, continua a farsi largo in Europa, con lavori di grande spessore, pur mantenendo inalterata la propria identità “epico-folkloristica” che da sempre contraddistingue l’act mandarino. Sono felice che i nostri siano ritornati e che si siano potuti riconfermare con un sound caratterizzante; basta ora sistemare un pochino quella stridula voce da cane castrato (o in stile Dani Filth) conferendone una più matura e i Chthonic saranno pronti al grande salto. Scommettiamo? (Francesco Scarci)

(Spinefarm Records)
Voto: 75
 

lunedì 2 maggio 2011

Routasielu - Pimeys

#PER CHI AMA: Opeth, Amorphis, In Mourning
Evitando tediosi preamboli o acrobazie lessicali, si può affermare senza indugi che i Routasielu sono la rivelazione del 2011 in campo death metal. Sono comunque d'obbligo alcune precisazioni, perché se è vero che il suono di “Pimeys” è di chiara derivazione death, vi sono diversi elementi che concorrono ad ampliare le prospettive del genere verso un’espressione più complessa e poliedrica. Progressivo è quindi il termine che più si addice alla proposta di questi esordienti finlandesi, che si accostano ad una formula musicale prossima ad Opeth, Amorphis e In Mourning, ma con una dose di freschezza francamente inaspettata. Se è vero inoltre che le parti vocali rispettano la tradizione “growl”, numerose sono le concessioni al cantato pulito, senza dimenticare che la peculiarità più intrigante di “Pimeys” è la scelta dei testi, scritti ed interpretati integralmente in lingua madre. Forse è per questo motivo che alcuni brani sono contaminati da suggestioni vagamente folk, anche se il termine non deve trarre in inganno, perché i Routasielu, per fortuna, non indossano imbarazzanti elmi vichinghi, né si applicano posticce orecchie da elfo. L’inizio dell’album è a dire il vero piuttosto tiepido e non lascia trapelare nulla di entusiasmante, ma già con la terza traccia, “Sukuhautasi”, si entra nel vivo di un sound robusto, dai riff convincenti, con una perfetta integrazione della melodia in un costrutto ritmico che travolge. La successiva “M.E.V.” ripropone a grandi linee la stessa ricetta, ma amplificando il contributo della voce pulita, a delineare la natura più autentica ed enfatica del gruppo. Violenza e dinamismo esplodono invece in “Soturi”, mantenendo comunque salda la coesione con episodi vocali di una drammaticità emozionante e mai troppo opprimente. “Pimeys” scorre con un sound compatto e coerente anche nei brani successivi, amalgamando la durezza del death a squarci armonici che denotano un notevole gusto e che svelano il lato più accessibile del gruppo nelle tastiere progressive di “Kaipaus”. L’apice viene infine raggiunto con “Loppu” e la struggente “Ystävä”, poste in chiusura di un debutto sorprendente, che pare riuscito in ogni suo punto, mettendo in luce le doti straordinarie di una band sconosciuta e ancora in erba. (Roberto Alba)

(Spinefarm Records)
Voto: 90

domenica 13 marzo 2011

Nine - It’s Your Funeral


Anche la Spinefarm ci si mette col produrre band di questo tipo? Avevo apprezzato l’etichetta finlandese per la sua coerenza di fondo nel produrre essenzialmente band provenienti dalla Finlandia e che suonassero black, death o power. Ora, con gli svedesi Nine, si passa addirittura ad una band che suona hardcore dalle influenze punk. Se dovessi citare di primo acchito una band di riferimento, penserei agli Entombed di “Uprising”, ma poi il lavoro evolve in modo strano: il cd comunque parte forte, aggressivo, con le ruvide vocals di Johan Lindqvist a dominare la scena. La terza traccia è già più tranquilla, con una piacevole melodia di chitarra, che ricama in sottofondo, inusuali giri per tale genere. Un peccato che la produzione penalizzi il suono dei vari strumenti, per porre in evidenza, a me pare, la sola voce di Johan. Le successive songs perdono un po’ della cattiveria iniziale e il cd si avvia stancamente verso una conclusione, forse troppo affrettata, in cui la band di Linkoping, sembra suonare in pieno stile Foo Fighters, ma con vocals al vetriolo. Decisione opinabile la loro, che tuttavia rende difficile anche per il sottoscritto, riuscire a dare una valutazione del tutto chiara, del disco. Mi verrebbe da definire il sound dei nostri come “post grungecore”, voi dategli un ascolto, magari potrà anche piacervi... (Francesco Scarci)

(Spinefarm)
Voto: 55

sabato 26 febbraio 2011

Naildown - Dreamcrusher


Che diavolo è successo ai Naildown? Li avevo lasciati qualche tempo fa che suonavano come i “Figli di Bodom” e ora me li trovo completamente stravolti, proponendo un sound a metà strada tra lo swedish death (filone Darkane), il groove a la Godhead e i suoni alternativi dei Pyogenesis. Bel progresso direi, in cosi poco tempo poi: forse avranno dato retta ai miei suggerimenti passati e, discostandosi definitivamente dal sound dei Children of Bodom, hanno finalmente intrapreso una strada intelligente e, vi assicuro, non semplice da percorrere. La band finlandese mantiene l’energica verve degli esordi, con quel suo rifferama bello potente, carico di groove, assai melodico e accattivante, amplificando però le influenze provenienti da ambiti esterni al death. La voce di Daniel è ora completamente pulita, eclettica, urla, esprime delle emozioni, mentre la musica del quintetto finnico, spulciando un po’ qua e un po’ là, dalle discografie di In Flames, Gardenian, Darkane e dalle ultime divagazioni death’n roll, concepisce un disco travolgente, dinamico e assai piacevole da ascoltare. Sì ragazzi, non lo nego, questa volta la band ha colto nel segno. Non mancano neppure gli inserimenti elettronici, come nella strumentale “Deep Under the Stones” o “P.I.B.”, brano potente, con un assolo fenomenale, stop’n go simil Pantera, voci effettate, decisamente il mio pezzo preferito. Ottima la performance dei cinque musicisti come pure la produzione, che esalta alla grande, il sound robusto dei nostri. Non so bene cosa sia successo in seno alla band, ma sono felice della piega che il combo scandinavo ha preso. Forse avranno un po' perso in cattiveria, inutile negarlo, però ne hanno guadagnato decisamente in originalità. Finalmente qualcuno si è deciso a cambiar strada; è forse l’inizio di una nuova era? Non so dirvi, per ora ascoltatevi assolutamente “Dreamcrusher”! (Francesco Scarci)

(Spinefarm)
Voto: 80

domenica 5 dicembre 2010

Rotten Sound - Cycles


Vi premetto già che questo è uno di quei lavori che non vi darà modo di respirare un solo secondo: il come back dei finlandesi Rotten Sound, è un attacco ferale senza compromessi. 18 killer songs vi braccheranno nel buio della vostra stanza, creandovi incubi inimmaginabili. L'attacco della macchina bellica finnica è affidata ai taglienti, quanto mai magnifici crusty riffs (con la distorsione delle chitarre dal tono più abbassato, di chiara scuola primissimi Entombed), con la batteria (dal ritmo disumano) a martellare che è un piacere e le vocals vetrioliche a urlare tutta la propria frustrazione. Difficile dare una descrizione delle varie tracce perché, alla fine tendono ad assomigliarsi un po' tutte. Tuttavia il ritmo infernale, ma anche un'inaspettata serie di passaggi di ispirazione southern rock, mi fanno apprezzare questa fatica del quartetto lappone. Inquietante infine la cover dell'album, che ritrae un uomo in stato di decomposizione, tema portante di “Cycles”, che “celebra” il declino dell'uomo, a causa della sua innata stupidità. Feroci, incazzati, forse politicamente scorretti, un ascolto ai Rotten Sound lo darei comunque... (Francesco Scarci)

(Spinefarm)
Voto: 65